THE POWER OF PROCESS

Prefazione all’edizione italiana

Negli ultimi anni professionisti, appassionati di Lean e practitioner hanno visto proliferare decine e decine di libri e pubblicazioni sul tema del miglioramento dei processi, e molti di questi hanno ricalcato il genere letterario di alcuni testi base del movimento Lean (M. Rother e J. Shook, Learning to See, 1999; J. Shook, Managing to Learn, 2008): quello che chiamerei il romanzo di trasformazione. La struttura di questo romanzo è di solito un viaggio dell’eroe, dove il singolo o il gruppo di manager a differenti livelli di skill ed expertise parte da una situazione aziendale e personale precaria e finisce col trasformare se stesso, il proprio team e l’azienda in un unicum performante e risonante nelle azioni e nei comportamenti agiti. The Power of Process è questo genere di romanzo, ma introduce un argomento spesso trascurato e sottovalutato, ovvero lo Sviluppo Lean di Prodotti e Processi.

Chi si occupa di Lean Transformation dei processi molto spesso si ritrova nel mezzo di quello che in gergo tecnico è chiamato brownfield: plant esistenti con linee già operative e molto spesso poco performanti nei kpi legati ai temi chiave di qualità, costo, tempo. A questo punto inizia un percorso di mappatura prima, riprogettazione poi, e trasformazione e miglioramento secondo i dettami del metodo scientifico, con cicli PDCA prima macro e poi micro, fino a perseguire l’eccellenza operativa. È quello che comunemente definiamo Kaikaku, ovvero un cambiamento radicale – a “scalino” – al quale far seguire poi il miglioramento continuo, o Kaizen.

Un vero elemento di novità del libro è la spesso amara considerazione su sforzi economici e non che siamo costretti a mettere in atto, e che molto spesso avrebbero potuto essere evitati con una migliore progettazione dei prodotti e dei processi. Questo concetto, che nel libro viene presentato col termine Touzen, rappresenta un diverso modo di pivotare il pensiero su quando e come potremmo essere più efficaci per la nostra organizzazione con le nostre competenze di miglioramento dei processi.

Il gruppo di lavoro di Acme, guidato dai vertici aziendali, si ripropone quindi un duplice progetto di trasformazione: avviare una linea produttiva nuova, con un prodotto di nuova generazione (ma le cui caratteristiche fondamentali non verranno messe in discussione), e avviare un nuovo modo di pensare prodotti e processi nell’organizzazione, attraverso la sperimentazione di un framework (6CON: CON-text, CONcepts, CONverge, CONfigure, CONfirm, CONtinuously Improve) che altro non è che un macro-PDCA, ma che nel contempo ricalca concetti espressi in un altro testo sacro dell’ambiente Lean, ovvero Lean Product and Process Development (A. Ward, 2007). Rispetto a questo testo, alla sua successiva edizione del 2014 completata da D. Sobek e ad altri testi di carattere manualistico, The Power of Process riesce attraverso il “romanzo” a trasmettere un senso di operatività e pragmatica praticità, portando con l’immaginazione il lettore realmente dentro il plant produttivo, facendogli vivere la costruzione dei mock-up di postazione e immergendolo nelle discussioni del team all’interno dell’Obeya, la War Room costruita ad hoc per affrontare e gestire il progetto.

Nel contempo la lettura ci accompagna ai profondi insights relativi alla progettazione di prodotto e processo: molto spesso i modelli organizzativi gerarchico-funzionali introducono complessità e ostacoli in azienda, e gli uffici tecnici progettano prodotti poi difficilmente producibili, per i quali l’ingegneria di processo crea macchinari e linee non del tutto adeguati e le Operations provano a fare la quadra finale, ottimizzando a partire dalle oggettive instabilità di un processo nato pensandolo a specifiche e a blocchi successivi, spesso in modalità waterfall.

Cosa accadrebbe se invece un team interfunzionale potesse fin dalle prime fasi di ideazione del processo trovarsi a discutere insieme di valore e spreco, contestualizzando in modo preciso la situazione? Cosa potremmo ricavare dall’analisi set-based di alternative di configurazione della linea diverse? Quale potrebbe essere il contributo del team degli Acquisti nella definizione dei flussi del materiale fino a definirne i dettagli in un Plan For Every Part? E quali attrezzature per le singole fasi/stazioni progetteremmo assieme al team di Ingegneria di Processo se invece di pensare a un tempo ciclo teorico ragionassimo sul Takt Time e sull’intero processo? E su cosa misuriamo le performance del team di Progettazione di Processo?

I limiti dei silos funzionali, con persone abituate a un’ottimizzazione verticale/funzionale, vengono affrontati con crescente consapevolezza e progressivamente abbattuti in un pensiero integrato. Dall’ufficio tecnico che produce una distinta base e relativi cicli di lavoro si passa invece a un team che progetta un flusso di valore profittevole, la cui rappresentazione con il Value Stream diventa mezzo per far leva su ciascun elemento del Value Stream stesso, a livello di dettaglio crescente, progettandone in dettaglio i tre flussi del valore: il flusso operativo (la corretta sequenza, i corretti disaccoppiamenti, le scorte inter-operazionali, ecc.), il flusso informativo (il set di standard che contiene le informazioni necessarie al flusso operativo) e il workflow (chi fa che cosa quando e come).

Un team al lavoro con metodo scientifico sta sperimentando lo sconosciuto, sta testando il proprio modo di pensare mentre riprogetta una stazione, una linea, un processo. E questo processo è fatto di tentativi, di idee da testare, di bias da superare, di apprendimento che si genera a più livelli. Un primo livello è la conoscenza reale del Genba: in Toyota si parla di Genchi Genbutsu, di luogo dove accadono fatti e situazioni, alcune a valore per il cliente, altre che costituiscono sprechi che molto spesso pretendiamo di conoscere stando seduti negli uffici. Nel libro non ci sono motivi per cui un manager anche di un’altra area funzionale non debba andare nel Genba, toccare con mano gli oggetti, partecipare alla riprogettazione a valore dei processi.

Un secondo livello è quello legato al team interfunzionale al lavoro: persone di diversa estrazione, cultura, focus cominciano realmente a cooperare, finalmente coinvolti con un approccio olistico al processo che vada oltre la spesso deleteria ottimizzazione funzionale. I processi decisionali si allineano su principi nuovi, e la discriminante diventa la dicotomia fra quello che è valore per il cliente (quello che il cliente sarebbe disposto a pagare di quello che vede e accade, se idealmente ci osservasse da dietro un ipotetico muro o confine aziendale trasparente) e il suo complemento a uno, ovvero lo spreco (Muda). Portare il team a ragionare sul principio di eliminazione degli sprechi significa eliminare l’approccio istintivo del “secondo me” e iniziare a ragionare su dati e fatti, così come eliminare l’ipotetica stessa del se eliminare sostituendola con il quando eliminare gli sprechi. Da ottimi manager funzionali concentrati su obiettivi di funzione, il team evolve in un unicum dove tutti pensano per processo a ridurre il Lead Time e i costi di trasformazione attraverso un processo iterativo di apprendimento collettivo.

Il terzo livello (forse fra i più affascinanti e impattanti, per la nostra esperienza di trasformazioni aziendali) è quello del team direzionale che guida (leader viene non a caso da to lead, guidare) il team dei manager attraverso il percorso di apprendimento su come si trasformano e riprogettano i processi. Gli autori hanno scelto di seguire il framework narrativo di Managing to Learn, evidenziando con colore diverso nel libro il lavoro del team strategico come fosse un percorso intrecciato a quello della creazione del nuovo processo. L’evoluzione interiore da manager che dà ordini a manager che sviluppa persone attraverso le domande è forse la parte di libro che preferisco, rappresentando uno dei veri punti di svolta dei percorsi esemplari di trasformazione aziendale (e personale). Nel viaggio di cambiamento i membri del board diventano finalmente mentori dei manager, portandoli a lavorare cooperando, approfondendo le conoscenze del Genba con loro, mettendo le basi per la distillazione del talento a tutti i livelli aziendali attraverso un percorso di apprendimento strutturato.

Il mio augurio per il lettore è di farsi trascinare con corpo e anima nel Genba di Acme così come è accaduto a me.
Buona lettura.

Francesco Culòs
Partner & Account Relationship Leader di auxiell

I nostri libri

The Power of Process
Sfruttate appieno la potenza di un miglioramento innovativo, misurabile e continuo.

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