Uomini che…

uomini

Se ne sente parlare, ma nel mio caso me lo hanno anche spiegato.

Il mansplaining – termine che deriva dall’unione di ‘man’ e ‘explaining’ – indica un comportamento con cui, con tono bonario si assume di essere qualificati a spiegare a una donna – spesso interrompendola davanti ad altri – un concetto sul quale ci si sente più ferrati dell’interlocutore.

In genere è un comportamento maschile, tanto che se si Googla ‘womansplaining’, il motore interrompe la nostra ricerca e risponde ‘forse stavi cercando mansplaining’. Una ‘correzione’ che la dice lunga sulla paternità di Google.

Particolarmente antipatico sul luogo di lavoro, le donne lo detestano, perché si sentono dequalificate a priori, oltre a essere pleonastico e noioso come il navigatore dell’auto che ti dice dove andare anche quando ti muovi nel quartiere dove vivi da vent’anni.

Ma esistono altre etichette comportamentali che celano abusi sessisti.

Il Manpterrupting: uomini che interrompono donne. Da un esperimento è emerso che le donne esponenti in un seminario di economia della durata di un’ora sono interrotte 6 minuti prima rispetto ai colleghi maschi, e il tipo di commento è tendenzialmente più ostile rispetto a quelli rivolti ai relatori uomini.

In generale, si contano 4,5 volte più domande da parte di uomini che da donne durante i seminari regolari – e più di 7 volte durante i colloqui sul mercato del lavoro. Spesso sono interventi volti a rettificare.

Le femministe più spregiudicate lo hanno soprannominato ‘disfunzione correttile’.

Il Bropropriating: un uomo che si appropria della idea/progetto/scoperta di una donna e la fa propria.

Manspreading: un uomo seduto che apre e allarga le gambe sui mezzi pubblici tanto da occupare due posti.

Su questo, gli uomini hanno obiettato che anche le donne si comportano in modo simile quando appoggiano la borsa sul sedile accanto (detto hagbagging); un atteggiamento in ogni caso non paragonabile al caso storico di Watson e Creek: i due avrebbero ‘rubato’ alla chimica britannica Rosalind Franklin la scoperta della struttura doppia elica del DNA, aggiudicandosi tra l’altro il premio Nobel.

Si prosegue con il Manslamming: un uomo che procede camminando e non si sposta quando vede arrivare una donna sulla sua traiettoria; piuttosto le da una spallata.

Manderstanding invece indica il raccontare a un gruppo eterogeneo di persone storielle o barzellette che solo gli uomini capiscono – o su cui trovano complicità – lasciando che le donne presenti non afferrino o restino confuse.

Su tutti questi argomenti relativi all’abuso di potere maschile, piovono denunce, articoli, e tempeste di consigli – rivolti alle donne – su come difendersi: dall’usare un tono di voce perentorio e ben udibile, al mantenere il contatto visivo, e soprattutto la frase pronta ‘lasciami finire’…

Le donne – quanto a difesa – non stanno a guardare, insomma.

Dall’altra parte della barricata, gli uomini accusano l’esagerazione di una certa ideologia femminista.

E lo fanno con un neologismo pure loro: Manscaping, l’arte femminile di inventare parole che iniziano con ‘man-’, e che sembrano dare la colpa di tutto ai maschi.

I quali diventano così dei capri espiatori da tirare in gioco all’occorrenza.

I maschi non ci stanno, e ricordano che – per natura propria – loro sono orientati a competere, lottare per primeggiare – non tanto e necessariamente su altre donne – ma in genere, come forma atavica di sopravvivenza e dominanza.

Non mi stupirei che tra qualche tempo iniziassimo a leggere articoli – firmati da uomini in vena di rivalsa – anche sul Man-luggaging o il Man-warmingfeet. Neologismi nuovi per abitudini vecchie.

Chi non comprende subito di cosa si tratta, provi a chiedere spiegazioni.

A chiunque sia, va benissimo.

 

Marcella Manghi

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