Generosità aumentata
Dopo la realtà aumentata, è la volta della generosità aumentata, un simpatico effetto ottenibile grazie alle prodigiose lenti della psicologia.
Un articolo rivolto al no-profit svela le migliori strategie per aumentare i valori delle offerte in beneficenza.
La prima è chiedere.
Ma non denaro, chiedere un parere.
Al momento della donazione, basta dare al benefattore la possibilità di esprimere la sua opinione, su una qualunque cosa.
Preferisce mare o montagna? Pistacchio o fragola? Apple o Android?
Io non so se sarei più generosa – davanti alla box di raccolta accanto alla mensa – se potessi dare una preferenza.
Oddio, se il mio capo mi chiedesse: preferisci un bonus di fine anno o un aumento di stipendio?
In tal caso qualcosa mi si smuoverebbe.
Un altro modo per produrre maggior prodigalità è usare più sostantivi e meno verbi: citare la parola ‘donatore’ è meglio di scrivere donare, ‘contributore’ di contribuire.
Le persone rivendicano una loro identità: non vogliono aiutare, ma essere aiutanti.
Piccoli cambiamenti linguistici che fanno la differenza (qualunque donna distingue l’atto di amare un uomo con l’esserne l’amante).
Ma non tutte le caratterizzazioni funzionano: chiamare il nostro esigente capodivisione…‘sfruttatore’ non darà i risultati sperati.
Da ultimo: rivolgersi al ‘donante’ con il ‘tu’ aumenta il suo coinvolgimento e lo spinge ad impegnarsi di più.
Le persone vogliono essere implicate in un discorso diretto a quattrocchi, come se venisse da un amico che tiene profondamente a noi.
Molti si ricorderanno, anche se risalente a un secolo fa, l’enorme successo dello slogan: I want you for US Army – dello zio Sam.
Cosa c’è di più generoso che dare la vita stessa per la patria?
Per rendere la gente più munifica non servono tante spiegazioni o giri di parole.
Sborsiamo di più anche semplicemente per essere invitati ad avere una voce, un posto nel mondo.
Altruismo è anche ‘dire IO’.
di Marcella Manghi