Il paradosso della controproposta

controproposta

Ho trovato utile rispolverare una tecnica che risale alle trattative ai tempi di Napoleone: stavo per cadere nel trabocchetto che mi avrebbe fatto dire SÌ a una proposta che in realtà non volevo accettare.

Nel 17esimo secolo Arthur Schopenhauer ci ha lasciato in eredità uno degli stratagemmi più subdoli che vengono usati nella trattativa: “Per fare in modo che il tuo avversario accetti una proposta, devi dargli una controproposta opposta”.

L’idea è che io – avversario – accetterò la tua proposta per evitare di essere paradossale, per scongiurare una controproposta dannosa anche per me.

Pur di apparire coerenti, scegliamo di abbracciare in fretta la decisione dell’avversario SE questa è l’unica sul tavolo: si accetta di licenziare un impiegato perché inefficiente senza considerare alternative; si asseconda un intervento chirurgico anche se pericoloso; si accetta un prezzo elevato se ci prospettano di fare saltare la trattativa.

Ciò accade perché l’avversario ha trasformato una decisione complessa in un out-out.
E punta sulla nostra impreparazione e fretta di chiudere.

L’unica arma contro una mossa del genere si chiama ‘alternativa’.
Inventarsi una soluzione diversa con cui controbattere.

La nostra variante – alla sua proposta – potrebbe rivelarsi più forte e imporsi, i virus del covid ce lo hanno insegnato.

Possiamo salvare la nostra coerenza mettendo in campo una miscela di pro, contro, rischi e benefici che alla fine generano l’opzione B.

A volte sembra impossibile pensare a una soluzione diversa.
Ma se hanno inventato un’alternativa alla Nutella, nulla è impossibile.

Schopenhauer ha scritto 38 stratagemmi sull’arte di ottenere ragione.
Ne possiamo ricavare – interpretandoli a rovescio – 38 espedienti per difenderci.
Questo era il numero 13.

Giusto per partire con un esercizio facile: “Il numero 13 porta sfortuna” disse il capo discutendo le spese eccessive per gli impiegati “dal prossimo anno propongo di eliminare le tredicesime a tutti voi quadri”.

Riusciranno i quadri superstiziosi a difendersi?

 

Marcella Manghi

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