Due leve per creare impatto

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Kurt Lewin era un psicologo sociale e uno dei pensatori più influenti a cavallo tra gli anni ’30 e ’40.

Nel 1936, pubblica Principles of Topological Psychology in cui suggerisce che né la natura (vista come tendenze innate) né l’ambiente (il contesto in cui si cresce e si vive) possono spiegare da sole comportamenti e personalità di una persona.

Sintetizza questa sua teoria in un’equazione: «Il comportamento è una funzione della Persona nel suo Ambiente, o B = f (P, E)» – dove B sta per Behaviour/Comportamento, P sta per Person/Persona ed E sta per Environment/Ambiente.

Ho incontrato l’equazione di Lewin in un periodo in cui stavo anche leggendo Simon Sinek e il suo famoso Golden Circle centrato sul “Why”, il perché. Ma anche James Clear e i suoi “tre livelli del cambiamento comportamentale” per cui «I risultati riguardano ciò che ottieni. I processi ciò che fai. L’identità ciò in cui credi».

E infine il lavoro di Edgar Schein sulla cultura organizzativa che, sempre in una rappresentazione a livelli concentrici, mette al centro gli «assunti fondamentali» cioè le convinzioni più profonde e spesso inconsapevoli.

Era anche il periodo in cui stava nascendo il libro IMPATTO: L’innovazione senza limiti è di origine spirituale, anche se il titolo e la forma finale erano ancora lontani. Era infatti una fase di scoperta fatta di lunghe conversazioni con Sujith.

In quelle conversazioni ho scoperto, esplorato e fatta mia una verità condivisa dagli antichi saggi vedici più di 3500 anni fa in un corpus di antichi testi sanscriti noti come Upanishad: «la configurazione deriva dalla consapevolezza».

Nel nostro libro definiamo la configurazione come la combinazione di:

  • cosa facciamo e come lo facciamo
  • ciò che abbiamo e come lo usiamo
  • i nostri comportamenti, abitudini e rituali
  • il nostro linguaggio e i nostri simboli
  • la nostra forma fisica
  • come ci presentiamo, guardiamo e ci muoviamo

In breve, tutto ciò che può essere osservato, percepito o sperimentato da altri.

La consapevolezza (nel libro usiamo consapevolezza e coscienza in modo intercambiabile) è sicuramente un elemento più sfuggente.

Nel libro forniamo un’esplorazione estesa, ma per sintetizzare possiamo vedere la consapevolezza come l’origine degli assunti e delle convinzioni che informano la nostra esperienza del mondo.

Assunti e convinzioni che informano quindi anche i nostri comportamenti, sistemi, strutture e il modo in cui ci manifestiamo e ci relazioniamo con l’ambiente in cui operiamo, cioè la nostra configurazione.

Ecco allora che, ispirato da questa verità millenaria e dall’equazione di Lewin, ho scritto una nuova equazione: «L’Impatto di un’entità è funzione della sua Consapevolezza e della sua Configurazione, o I = f (A, C)» – dove I sta per Impact/Impatto, A sta per Awareness/Consapevolezza ed C sta per Configuration/Configurazione.

Per aumentare la nostra capacità di creare impatto, quindi, possiamo agire su due leve: la consapevolezza e la configurazione.

Esistono numerosi studi, conoscenze, modelli, sistemi, e strumenti per aiutarci a lavorare sulla seconda leva.

Ed è più che comprensibile.

L’imitazione è la forma primaria di apprendimento di ogni essere vivente.

Quando vogliamo creare un impatto come quello di individui od organizzazioni che hanno davvero fatto la differenza, il modo più rapido ed efficace è studiare, modellare, imparare e replicare le loro configurazioni.

Così facendo, tuttavia, raramente si raggiungono risultati simili.

Ed è ancora più raro fare meglio.

Che poi, paradossalmente, gli individui o le organizzazioni leggendarie che analizziamo e imitiamo, di solito non hanno imitato altri.

Certo, hanno sicuramene imparato da chi li ha preceduti, ma hanno poi creato il loro modo nuovo e unico.

Quel modo che poi altri cercano di modellare e replicare.

Lavorare sulla leva della configurazione quindi, è fondamentale, ma non sufficiente se vogliamo creare un impatto realmente trasformativo.

Dobbiamo portare attenzione anche sulla seconda leva: la consapevolezza.

Questa seconda leva viene spesso sottovalutata, se non proprio ignorata, perché è  intrinsecamente soggettiva e unica per ogni individuo o organizzazione.

Non può essere modellata sul percorso di qualcun altro.

Inoltre, richiede un approccio molto diverso dal lavoro sulla leva della configurazione.

Per espandere la consapevolezza, individui e organizzazioni devono praticare l’arte della sottrazione, andando a scoprire e rimuovere assunti e convinzioni che ne limitano il potenziale.

Quando lavoriamo su entrambe le leve, creiamo un ciclo virtuoso in cui la nostra consapevolezza espansa dà vita ad una configurazione più efficace che, a sua volta, nutre e facilita l’espansione della nostra consapevolezza.

 

Fabio Salvadori

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