Lavori come parli

Per lavorare diversamente, ti servono parole nuove.

“Ogni lingua procede come un sistema di navigazione. Le cose nominate sono punti fissi allineati o confrontati, che consentono a chi parla di tracciare la mossa successiva.” — Bruce Chatwin, In Patagonia

L’italiano è la lingua con cui sono cresciuto e con cui ho imparato ad esprimermi, a relazionarmi con la realtà, sia quella là fuori che quella interiore. Poi da adulto ho imparato l’inglese, e  ho scoperto un modo nuovo di relazionarsi con il mondo e con quello che accade dentro di me. Col tempo ho sviluppato una certa familiarità con la lingua inglese, al punto da usarla molto per scrivere e spesso per riflettere. La mia familiarità con l’inglese mi ha portato a preferire leggere i libri inglesi nella loro lingua originale, nella convinzione che questo mi permettesse di essere più vicino e aderente al pensiero degli autori. In fondo, perché leggere un libro tradotto in italiano se posso leggerlo nella lingua con cui lo ha pensato chi l’ha scritto? Poi ho scritto un libro e l’ho scritto in inglese. Un po’ perché è la lingua del mio co-autore e mentore, e un po’ perché molti dei concetti che esploro nel libro li ho appresi in inglese. In parallelo però, con l’aiuto di una traduttrice professionista, ho tradotto il libro anche in italiano. Lì ho capito che cambiare lingua, è come cambiare la mappa con cui navigo la realtà.

Joan Lurie, fondatrice di Orgonomix, dice che ogni individuo o sottosistema possiede una “mappa mentale” (il proprio costrutto) della realtà e di come funziona o “dovrebbe” funzionare. Questa “mappa mentale” non è la realtà (o il “territorio”, come dice Korzybski), ma la nostra comprensione di essa. Ognuno di noi ha una mappa mentale unica e personale che usa per leggere e navigare la realtà. In ogni situazione confrontiamo gli input che riceviamo dal mondo esterno rispetto alla nostra mappa mentale per decidere come muoverci, cioè cosa scegliere, cosa dire e come agire. La mappa mentale contiene pezzi provenienti dalle mappe dei nostri antenati, della nostra cultura, della nostra famiglia. Noi poi aggiungiamo e riscriviamo parti, elementi e dettagli crescendo, imparando e facendo esperienze. I successi rafforzano alcuni percorsi; gli insuccessi ce ne fanno rivedere e correggere altri; i traumi possono cancellare o nascondere intere parti.

“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.” — Ludwig Wittgenstein

Il linguaggio è una parte essenziale delle nostre mappe mentali. Anzi, forse la più importante. Potremmo dire che navighiamo come parliamo. L’ho capito bene proprio traducendo ciò che io stesso avevo scritto. Per un lungo periodo infatti, non sono riuscito a raccontare e vivere pienamente le cose che avevo scritto in inglese nel libro, quando mi trovavo in contesti in cui la lingua usata era la mia lingua madre. Mi sentivo perso, come se stessi cercando di navigare la realtà usando una mappa incoerente. E poiché le parole non solo ci permettono di leggere la realtà ma la creano anche, al mio mondo mancavano proprio dei pezzi.

Tradurre libri in italiano, come fa Ayros, non è quindi soltanto un modo per rendere il contenuto accessibile a più persone. Anzi, è molto probabile che le persone interessate a certi temi siano in grado di leggere il libro originale, soprattutto se scritto in inglese. Il vero valore della traduzione sta nel rendere disponibile un aggiornamento per le mappe mentali di chi legge. Chi legge, infatti, avrà poi la sfida di portare i concetti appresi, spesso nuovi, nella propria realtà che parla, appunto, in italiano. D’altronde, se un libro non modifica i nostri comportamenti, non produce alcun impatto sostanziale. Perché questo avvenga, tuttavia, è necessario un nuovo insieme di parole e concetti che mostri e apra spazi nuovi. Cosa molto più semplice se siamo in grado di integrare quelle parole e quei concetti nel linguaggio che usiamo tutti i giorni.

Attenzione, però. Non sempre e non tutto si può tradurre. A volte dobbiamo accogliere parole nuove che provengono da altre lingue. Tuttavia, per farlo dobbiamo riuscire a collocare tali parole nelle nostre mappe mentali esistenti mettendole in relazioni con le parole che conosciamo bene e che di quelle mappe costituiscono la radice.

Grazie alle traduzioni possiamo parlare di “Organizzazioni Evolutive” e del loro  “Sistema operativo”. Possiamo trasformare la leadership in “invito” o “convocazione” per creare appartenenza. Possiamo dare forza alle nostre “motivazioni intrinseche” coltivando “padronanza”, “autonomia” e “scopo”. Ma possiamo anche provare a superare la burocrazia e riportare l’attenzione sull’uomo attraverso la “humanocracy”.

Vieni con noi a scoprire parole nuove?

 

 

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