Apprendere per essere umani

apprendere

Direi che ormai è piuttosto chiaro che l’intelligenza artificiale sta ridefinendo il concetto di “sapere”.

Qualunque software “intelligente” può acquisire, conservare, ricordare, analizzare, decostruire, ricomporre, trasformare e utilizzare una quantità di informazioni inimmaginabile per una persona.

E lo fa ad una velocità tale per cui non c’è competizione.

Ogni giorno esce un articolo che prova che non solo questi software sanno tanto, ma sanno anche fare tanto e molto bene.
Per qualcuno pure troppo, ma questo è un altro tema.

Ricordo un’intervista* a Ken Follet – autore di una lunga lista di libri di gran successo ambientati in diverse epoche storiche – di una quindicina di anni fa, in cui parlava dell’impatto del web sul processo di scrittura.

Follet dice che prima che internet diventasse così accessibile, il lavoro di ricerca per un libro richiedeva ore di studio sui libri.

Con Google, tutte queste ricerche possono essere fatte in pochi secondi.

In un attimo qualunque scrittore può avere a portata di mano fatti storici, dettagli su luoghi e personaggi che prima avrebbero richiesto un lungo lavoro.

Tuttavia, se da un lato questo semplifica il lavoro, secondo Follet appiattisce la scrittura, perché l’autore non fa in tempo a fare propria quell’informazione, acquisendo magari tutte il sapere di contorno che è apparentemente poco o per nulla rilevante nel contesto del libro, ma è essenziale per il processo creativo dell’autore che porta a storie appassionanti.

Ora non solo il software “sa” e ci trova le cose, risparmiandoci la fatica della ricerca, ma “sa” anche metterle assieme producendo il risultato finale (o quasi) per noi. E soprattutto, impara molto ma molto velocemente.

E questo, unito ad alcune conversazioni in cui dei genitori mi raccontano delle loro sfide con la scuola, mi ha portato a riflettere su cosa significa apprendere nell’era dell’intelligenza artificiale.

È evidente che, in questa nuova realtà, l’apprendimento è sempre meno legato alla sola acquisizione di nuove competenze e conoscenze.

Anche perché è una competizione persa in partenza con l’intelligenza artificiale, che a questo gioco ci sta già superando.

Che apprendere non significhi solo acquisire nuove conoscenze e competenze non è certo una novità.

Lo sento dire da quando ero uno studente. Ma tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare.

Quasi sempre, nella realtà l’attenzione è soprattutto su quanto impariamo, che è in genere ciò che viene misurato.

Ciò che conta è il risultato e il processo è funzione di tal risultato.
Qualcosa che deve portare dal problema (non sapere) alla soluzione (sapere) nel minor tempo possibile.

Non per nulla celebriamo chi impara più velocemente, soprattutto se finisce il proprio percorso di studi prima.
Essere bocciati invece significa “perdere l’anno”.

Finché prevale questa idea di apprendimento – acquisire la maggior conoscenza possibile nel minor tempo possibile – allora abbiamo tutte le ragioni per preoccuparci dell’intelligenza artificiale, che è in grado di imparare molto di più e molto più velocemente di qualunque studente umano.

Non c’è proprio competizione.

Anzi, probabilmente arriveremo al paradosso descritto da Charles Eisenstein in questo suo scritto provocatorio: gli studenti faranno fare i loro compiti all’intelligenza artificiale per essere più veloci, e gli insegnanti useranno l’intelligenza artificiale per correggerli risparmiando tempo.

La scuola iper efficiente diventa completamente automatizzata, con l’intelligenza artificiale che scrive e corregge i compiti, e studenti e professori seduti ad osservare.

Una provocazione, ovviamente, ma l’incredibile accelerazione dell’intelligenza artificiale è un’opportunità unica di ripensare a motivazione e modalità dei nostri processi di apprendimento.

Non si tratta solo di acquisire nuove competenze e conoscenze ma di crescere e diventare persone.
Chi diventiamo mentre impariamo qualcosa è tanto, se non più importante di ciò che impariamo.

L’apprendimento non riguarda solo l’acquisizione di conoscenze e competenze, ma anche la crescita e lo sviluppo personale. Attraverso il processo di apprendimento, gli individui possono ampliare le loro prospettive, mettere in discussione i loro presupposti e sviluppare nuovi modi di pensare. L’apprendimento può anche favorire lo sviluppo di qualità personali come la resilienza, l’adattabilità e una mente flessibile. Queste qualità sono essenziali nel mondo odierno in rapida evoluzione e possono aiutare gli individui a superare le sfide e ad avere successo nella loro vita personale e professionale. — ChatGPT

Il vero valore dell’apprendimento si sposta sempre più dalla destinazione al percorso.

Chi studia, a qualunque età, dovrebbe essere follemente innamorato del processo, di cui il risultato è una conseguenza.

Quanti ragazzi e ragazze conoscete innamorati del loro percorso di apprendimento?

Apprendere per crescere come essere umani.

Questo dovrebbe essere il principale motivo per cui iniziamo qualunque percorso di apprendimento.

Apprendere è un viaggio senza fine e senza fretta in cui, come ci ricorda Follet in quell’intervista, ciò che impariamo non solo ci aiuta a fare ciò che vogliamo fare ma ci trasforma come persone, aiutandoci a fare delle nostre vite delle storie appassionanti.

 

* ho cercato online ma non ho trovato l’intervista che avevo letto su un giornale stampato.

 

Fabio Salvadori

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