Il segreto delle melanzane

melanzane

Qualche anno fa ho fatto l’orto a casa di mia mamma.
Mi sono impegnato per fare le cose bene, mescolando i consigli di chi ne sa più di me con le mie intuizioni.

Fra le varie cose che ho seminato e piantato ho incluso anche delle melanzane.
Giusto due piantine visto che piacciono solo a me.

Avevo alte aspettative per il mio orto, e in effetti col passare delle settimane ha iniziato a darci verdura in abbondanza.
Tranne le melanzane.

Il tempo passava, la pianta cresceva ma di frutti (si, per i botanici la melanzana è un frutto) nemmeno l’ombra.

Ho iniziato a pensare di aver sbagliato qualcosa.

Magari avevo messo le piantine nel posto sbagliato, oppure avevo sbagliato i tempi o non avevo concimato bene.

Insomma, la pianta che avevo scelto io e su cui puntavo così tanto, non dava frutti, tanto che stavo seriamente pensando di toglierla e lasciare spazio ad altro.

La mia nota pigrizia però, ha ritardato l’espianto per qualche settimana finché una mattina, ho visto un piccolo frutto scuro e lucido.
Potete immaginare la mia emozione.

Non molto tempo dopo ho raccolto le mie prime due melanzane, bellissime e perfette.

Osservando le melanzane credo di aver scoperto il loro segreto.

Le melanzane non hanno fretta.

La natura non ha fretta.

Può essere veloce oppure lenta. Ma mai di fretta.

Un fiore non sboccia mai in ritardo. Sboccia quando è il momento esatto per farlo.

Certo, a chi come me le aspettava viene naturale dire frasi tipo “le melanzane sono in ritardo”.

Ma lo sono davvero? O stiamo solo proiettando sulla pianta i nostri desideri?

In fondo, le piante non fanno promesse.

La natura non ha mai fretta.

Io sì.

Tuttavia, ho imparato che la fretta raramente mi rende più veloce.

Anzi, sposta la mia attenzione da ciò che sto facendo al tempo che passa.
Dal presente al futuro atteso.

E finisco spesso con l’andare più piano e arrivare a soluzioni non ottimali.

Il segreto della melanzana – e di tutte le altre piante dell’orto – è non avere fretta.

Me ne sono ricordato due settimane fa durante l’esperienza A Passage to Mastery for Gamechangers, un pellegrinaggio di 8 giorni sulle rive del fiume Narmada in India.

Questa esperienza itinerante, basata sul viaggio dell’innovatore descritto in IMPATTO, è una grande palestra di pazienza.

I partecipanti arrivano sempre con una certa urgenza di trovare le loro risposte, di arrivare da qualche parte.

Fin da subito si trovano invece immersi in un’esperienza che porta a rallentare, sia fuori che interiormente, e a confrontarsi con il non sapere.

Non sapere dove stanno andando, quando ci sarà da camminare, o cosa succederà.
Scoprono così il potere magico dell’affidarsi e del non avere fretta.

Ci sono risposte che non possiamo forzare ma hanno bisogno di emergere quando è il loro momento.

Se le forziamo finiamo col creare risposte artificiose, frutto più dei nostri desideri o del rimescolamento di ciò che sappiamo, e che raramente riflettono la nostra vera natura.

Come per le melanzane, quello che possiamo fare è preparare il suolo, piantare il seme, averne cura e aspettare.

I partecipanti che camminano con noi piantano dei semi sotto forma di domande, e poi se ne prendono cura senza fretta, lasciando andare le loro aspettative sul risultato. E inevitabilmente, al momento giusto, i frutti arrivano.

Credo che riscoprire la pazienza aiuterebbe molti processi di trasformazione o evoluzione all’interno delle organizzazioni.

Soprattutto quelli che hanno a che fare con la natura stessa dell’azienda, con la sua cultura e le persone.
La fretta di ottenere il risultato atteso può portare allo spreco di potenziale, a risposte non autentiche o a soluzioni che già conosciamo.

Se lasciamo andare la fretta, diamo il tempo alle domande di evolvere in risposte nuove.

Per farlo serve preparare uno spazio fertile, pronto ad accogliere la sfida, seminare domande potenti di cui non conosciamo la risposta, avere cura di ciò che abbiamo seminato e, soprattutto, non avere fretta.

 

di Fabio Salvadori

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